Come cambiano gli investimenti pubblicitari nelle attività di comunicazione.

Il marketing outbound consiste nel sistema di strumenti tradizionali attraverso i quali le imprese e le istituzioni inviano messaggi ai clienti.
La pubblicità televisiva e a stampa, il direct marketing, la vendita personale appartengono a questo sistema.

Il marketing inbound consiste negli strumenti attraverso i quali le imprese e le istituzioni mettono i clienti in condizione di inviare loro messaggi e contenuti. Le pagine facebook, i forum, i siti web possono essere utilizzati secondo questa prospettiva.

Le risorse economiche (investimenti) e professionali (persone) si stanno spostando dall’outbound all’inbound. Ciò è dovuto a vari fattori tra cui la riduzione dei budget di comunicazione, anche a causa della crisi, la tecnologia (software e piattaforme), l’efficacia comparativa dei nuovi strumenti rispetto ai vecchi e soprattutto la possibilità di verificare i risultati delle campagne in modo più preciso e puntuale.

Secondo AC Nielsen, la spesa pubblicitaria nel 2012 è calata di quasi il 15% rispetto al 2011: circa un miliardo e trecento milioni di euro. I comparti calano tutti (TV, stampa, affissioni, ecc.) salvo il canale Internet che cresce del 5%.

Oltre alle implicazioni tecniche e gestionali (spostare risorse da certi canali ad altri) è bene considerare che il marketing inbound presuppone un rapporto diverso con il cliente: quest’ultimo non può più essere considerato un “target” verso cui indirizzare la comunicazione, ma un partner, un attore, un soggetto che “insieme” all’impresa contribuisce a sviluppare una campagna.

Le pagine Facebook, ad esempio, sono l’interfaccia attraverso cui imprese e clienti interagiscono e “co-creano” i contenuti. Non solo, ma attraverso l’animazione delle pagine si sollecitano i clienti a “lavorare” per conto dell’impresa, facendo crescere il traffico, facendo proseliti, ecc.

Ciò significa che la deriva verso il marketing inbound e i social media sia necessariamente un bene?
Dal punto di vista tecnico ed economico sembrerebbe di sì, ma è necessario tenere presente che il “nuovo” cliente, essendo attivamente coinvolto nel processo di comunicazione, deve essere considerato, gestito, e soprattutto “rispettato”.
Coinvolgere i clienti nell’attività di comunicazione presuppone una seria e responsabile presa d’atto che il ruolo di queste persone non può più tornare ad essere quello di coloro che ricevono stimoli pubblicitari e di conseguenza pagano il prezzo dei prodotti. Queste persone sono (o saranno) dei partner e perciò il loro punto di vista andrà considerato, anche quando diverge da quello dell’impresa, altrimenti si rischiano effetti di ritorno controproducenti: il web è una risorsa efficace sia quando lavora per l’impresa, sia quando lavora contro di essa.

Prof. Daniele Dalli