Daniele Dalli - Direttore del Master

Daniele Dalli, professore ordinario dell’Università di Pisa e Direttore del Master in Marketing Management, racconta il corso e la sua esperienza: “Il marketing è un’attività fortemente integrata nella società e nella cultura contemporanee e riguarda la quotidianità di tutti noi cittadini”.

Buongiorno Prof. Dalli
Buongiorno

La intervistiamo di ritorno dal Salone della CSR e dell’Innovazione Sociale, dove è stata presentata la ricerca “Responsabilità Sociale d’Impresa nelle Multinazionali dei Paesi emergenti: quale impatto in Europa?”. Le va di parlarci dei primi risultati?
Partire da qui è un buon modo per dare visibilità alla ricerca e al gruppo di lavoro coordinato da Elisa Giuliani del nostro dipartimento: http://csrhrproject.ec.it. Il progetto è partito da un anno e riguarda le attività di responsabilità sociale attuate dalle imprese e il loro impegno nel rispetto dei diritti umani. In particolare ci occupiamo di imprese multinazionali e più specificamente di quelle appartenenti ai paesi emergenti sulle quali esistono ancora scarse informazioni.

Quali sono gli aspetti principali della ricerca?
Stiamo facendo le prime elaborazioni dei dati appena raccolti e i risultati ci dicono che imprese che si muovono dai paesi emergenti verso i mercati internazionali manifestano notevoli affinità con quelle occidentali e alcuni aspetti di novità o di differenza che dipendono dal diverso background culturale e istituzionale dei paesi di provenienza.
L’idea di base di questo filone di ricerca è che le imprese ricavano un profitto dalla propria attività e dai territori e dalle popolazioni coinvolte nei loro processi. Investire in responsabilità sociale costituisce una sorta di compensazione di questa attività e di redistribuzione delle risorse che ne derivano. Le imprese che si muovono dai paesi emergenti verso i mercati internazionali manifestano notevoli affinità con quelle occidentali e alcuni aspetti di novità che stiamo ancora cercando di approfondire e modellizzare.

Lei si occupa di marketing da molto tempo, cosa davvero l’appassiona del suo lavoro e quale fu l’interesse che in passato la portò a scegliere la strada del marketing e della ricerca?
Io ho una visione strumentale e critica del marketing. Anzitutto il marketing è uno strumento che serve alle imprese e alle istituzioni a perseguire i propri obiettivi. E in particolare a mantenere un buon livello di sintonia con i clienti e il pubblico in generale: scoprire i bisogni degli individui e soddisfarli è il nucleo centrale dell’attività di marketing. Ho anche un atteggiamento critico nel senso che il marketing, come molti strumenti a disposizione del management, può essere usato anche per cause o attività diciamo non edificanti: anche in questi casi il marketing può dimostrarsi efficace ed è necessaria una grande attenzione da parte dei legislatori e delle istituzioni a difesa dei cittadini per evitare che si producano danni alle persone, alla società e all’ambiente. Fortunatamente, anche grazie alla crescita del livello di istruzione e alla sensibilità dei docenti (anche di marketing), i cittadini sono sempre più consapevoli degli effetti dell’attività economica sulle loro vite e questa consapevolezza ha generato una crescita delle associazioni e delle istituzioni che si occupano di monitorare l’attività delle imprese. Nell’ambito della tutela dei diritti umani e della sostenibilità ci sono numerose agenzie internazionali che “tengono d’occhio” l’operato delle imprese e di chi le dirige. E’ da sottolineare che in queste istituzioni lavorano professionisti del marketing il cui compito è osservare il lavoro dei colleghi che operano nelle imprese e rendere sempre più efficaci le azioni di monitoraggio.
Il mio interesse per il marketing nasce dal fatto che è un’attività fortemente integrata nella vita sociale e che riguarda la vita quotidiana di tutti noi cittadini. Inoltre ha una interessante dimensione culturale: la comunicazione di marketing, le relazioni commerciali, la gestione della clientela e molte altre attività sono importanti occasione di comunicazione tra culture diverse. Sia in ambito internazionale o inter-culturale, ma anche all’interno di uno stesso gruppo culturale si osservano gruppi culturali distinti: i giovani e gli adulti, gli uomini e le donne, le realtà locali rispetto alle aree metropolitane. Quella dell’interazione tra culture diverse è una dimensione che mi interessa molto e si riscontra in alcuni ambiti in cui sono concentrati i miei interessi personali, come lo sport, la musica, il cinema. In questi campi l’attività di marketing assume un rilievo primario e interagisce con la natura culturale di questi fenomeni.

Quali sono i principali settori di cui si occupa?
La mia attività di ricerca riguarda il comportamento del consumatore e cioè le attività che tutti noi svolgiamo quando acquistiamo, usiamo e alla fine buttiamo (o meglio ricicliamo) i beni di consumo. E’ un’area molto ampia che può essere osservata attraverso diverse prospettive teoriche e quindi abbastanza complessa. Ma è anche molto appassionante perché riguarda una sfera considerevole della vita delle persone e in fin dei conti di noi stessi. Di recente ho lavorato su alcuni aspetti del comportamento “relazionale” dei consumatori e cioè su come le persone si mettono in relazione tra loro attraverso le attività di consumo: appassionati di cucina, di libri, di attività sportive e ludiche che costituiscono gruppi on e off line e costruiscono una rete di rapporti umani e sociali che sono comunque mediati dall’acquisto e l’utilizzo di beni di consumo. Il ruolo che le imprese svolgono in queste comunità è molto delicato e produce effetti interessanti sui modi con cui i clienti/consumatori si relazionano con le imprese stesse e tra di loro.

Tra le sue responsabilità in ambito accademico, Lei è Direttore della rivista “Mercati e Competitività”…
M&C è la rivista della Società Italiana di Marketing che raccoglie i docenti universitari e i ricercatori, insieme a professionisti e imprese, che si occupano di questa materia. La rivista ha compiuto di recente 10 anni e si è sviluppata in senso quantitativo e qualitativo: pubblichiamo articoli di ricerca attraverso i quali i membri della nostra comunità aggiornano i colleghi e mettono a disposizione del pubblico i risultati del loro lavoro. Al momento stiamo vivendo una fase di trasformazione radicale perché vogliamo aumentare la visibilità della rivista e l’ampiezza della nostra readership e quindi da quest’anno accettiamo manoscritti esclusivamente in lingua inglese. Questo dovrebbe consentire ai nostri autori di “parlare” a un pubblico più ampio e ricevere un riconoscimento crescente a livello internazionale.

Si sente spesso parlare di marketing, dalla pubblicità alle reti di vendita. Può darci lei una definizione di marketing e spiegarci qual è il servizio di quest’area all’interno delle aziende?
Esistono molti approcci al marketing, sia teorici, che professionali. Ciò dipende da questioni culturali, ad esempio in Europa abbiamo un’idea del rapporto tra economia e società che è un po’ diversa da quella Americana che – non dimentichiamolo – è la matrice culturale di provenienza di questa materia. E poi esistono settori di attività in cui il marketing deve essere declinato in modi diversi, ad esempio nei mercati business-to-business in cui si vende il prodotto ad altre imprese questa attività assume contorni diversi rispetto ai mercati business-to-consumer dove si vende agli utilizzatori finali, cioè ai cittadini.
Restando sul generale, peraltro, è utile fare riferimento alla definizione dell’American Marketing Association e cioè la più antica e più ampia comunità scientifica di studiosi di marketing: il marketing consiste nell’insieme di attività, istituzioni e processi necessari alla creazione, comunicazione, consegna e scambio di beni che hanno valore per acquirenti, clienti, partner, e per la società in generale (https://www.ama.org/AboutAMA/Pages/Definition-of-Marketing.aspx). In sostanza, all’interno delle imprese il marketing è quell’attività e quel gruppo di persone che tengono i rapporti con il mercato, valorizzando i prodotti e i servizi che l’impresa offre nei confronti della clientela e del pubblico in generale.

Purtroppo esiste anche un’accezione negativa per questo termine. Spesso a causa di pratiche scorrette di vendita o di pubblicità ingannevoli, il marketing acquisisce un valore negativo. Qual è il Suo parere a riguardo?
Come dicevamo all’inizio, il marketing è uno strumento che può essere usato da imprese e istituzioni per perseguire i propri obiettivi. In quanto tale non è buono o cattivo, ma di sicuro è efficace e perciò richiede attenzione e controlli. In alcuni settori è necessario osservare con attenzione ciò che fanno le imprese per evitare effetti negativi per i cittadini e per la collettività. Non si tratta solo di individuare le pratiche scorrette o la pubblicità ingannevole, peraltro oggetto di monitoraggio da parte dell’Autorità Antitrust (http://www.agcm.it). Esiste un problema di ordine superiore relativo alla dimensione etica del business e dell’economia: gli agenti economici “dovrebbero” lavorare per il bene delle persone e delle comunità al di là della legge, facendo proprie le necessità e i reali bisogni dei consumatori e cercando di soddisfarli con un profitto ragionevole. Questa dimensione è particolarmente rilevante nei settori critici: tabacco e derivati, vino e alcolici in genere, per non parlare delle industrie collegate ai settori militari.
Anche in settori apparentemente più normali esiste un problema etico e sociale che le imprese responsabili dovrebbero tenere presente, come nel caso delle industrie collegate all’alimentazione. Si possono nutrire e dissetare i consumatori in modi diversi, alcuni più salutari, altri meno. Ecco perché “fare marketing rimanendo brave persone” è difficile, ma costituisce un’importante sfida che i professionisti del marketing contemporaneo dovrebbero cogliere. Quello che ho citato tra virgolette è il titolo del libro di Giuseppe Morici (http://www.feltrinellieditore.it/opera/opera/fare-marketing-rimanendo-brave-persone/), un vecchio amico, nonché un importante manager del gruppo Barilla che è venuto a presentarlo in occasione dell’inaugurazione del master dello scorso anno. E’ un libro importante perché dimostra la sensibilità critica di chi studia e “fa” il marketing in aziende importanti cercando di non dimenticare mai i diritti e le reali necessità delle persone.

Bene, allora iniziamo a parlare del master. Si avvicina la IX edizione del Master dell’Università di Pisa di cui Lei è Direttore sin dai tempi in cui il master era un corso più generalista (management aziendale). Perché ha deciso di trasformarlo in un Master in Marketing Management?
Essenzialmente per due motivi: il primo è legato al mercato del lavoro. Dopo la crisi del 2007/2008 e gli anni della recensione abbiamo visto crescere la domanda di profili di marketing molto più rapidamente rispetto ad altri settori e ciò rende un’offerta di tipo specialistico più attraente per i potenziali candidati e più allineata con le tendenze del mercato delle professioni. Il secondo motivo è che lo staff di ricerca e docenza del mio dipartimento è cresciuto e maturato e abbiamo quindi le competenze e le risorse per gestire un corso di tipo specialistico. Parte di queste risorse si sono sviluppate anche grazie alla crescita del corso di Laurea Magistrale in Marketing e Ricerche di Mercato che costituisce un’importante partner del nostro Master. In sintesi, abbiamo una domanda di profili di marketing che sta crescendo e un’offerta qualificata di docenti in grado di soddisfarla.

Dallo scorso anno, il Master è patrocinato dalla Società Italiana Marketing…
La SIMktg seleziona e sostiene i più qualificati master di marketing a livello nazionale, tra i quali è presente il nostro corso (http://www.simktg.it/sp/master-sim.3sp). Si tratta di un riconoscimento importante che ci pone a livello di corsi tenuti in scuole e atenei certamente più centrali e più visibili su scala nazionale, ma evidentemente di analogo livello per ciò che riguarda la qualità della formazione.

A chi si rivolge il master?
Il Master in Marketing Management è pensato per candidati che abbiano alle spalle un background non necessariamente economico. Accettiamo laureati in ingegneria, in scienze, in giurisprudenza, in studi umanistici e altri. Non ci interessano soltanto i neolaureati, ma vogliamo accogliere nell’aula anche persone che stanno già lavorando oppure che si sono presi una pausa per riqualificare il proprio profilo e migliorarne le abilità e le capacità per uno sviluppo ulteriore di carriera nella funzione marketing.

Lei parla di neolaureati e laureati già inseriti nel mondo del lavoro, questi due profili convivono bene all’interno del corso?
Molto bene! Ci interessa integrare neolaureati e persone con esperienza in aula perché da questa relazione, nelle nostre precedenti edizioni, abbiamo visto che scaturiscono ottime opportunità di apprendimento e interessanti sinergie: i neolaureati acquisiscono esperienza da parte di coloro che già stanno lavorando e questi ultimi acquisiscono dai neolaureati strumenti e nozioni più aggiornate rispetto ai propri corsi di studio. Inoltre, vediamo interessanti opportunità in termini di networking per lo sviluppo delle rispettive carriere.

Qual è invece la Sua esperienza con gli allievi provenienti da altri paesi e quanto è importante nel marketing conoscere le altre tradizioni e saper vivere in un ambiente multiculturale?
Questo è un aspetto di cui andiamo particolarmente orgogliosi. Negli anni abbiamo avuto allievi turchi, albanesi, marocchini, venezuelani, polacchi, argentini, rumeni, brasiliani, serbi e costaricani. Alcuni di questi erano già in Italia per proseguire gli studi, talvolta con le famiglie, mentre altri sono venuti apposta per seguire il master e poi sono tornati nei propri paesi a lavorare. La presenza di stranieri in classe costituisce una grande opportunità anzitutto per loro che si confrontano con una realtà diversa dalla propria, ma anche per gli studenti italiani che toccano con mano l’importanza della dimensione interculturale del marketing. E ad essere sincero questo aspetto è una grande opportunità anche per noi docenti e ci spinge a ragionare e quindi a insegnare in un modo più efficace e orientato a un target internazionale e non solo locale: già durante il lavoro d’aula, i nostri allievi sono orientati verso un mercato del lavoro che ha una dimensione inter-culturale e molti di loro, una volta diplomati, sono andati a lavorare all’estero o in sedi italiane di aziende italiane o internazionali in cui si occupano dei mercati e dei clienti stranieri.

Allievi VIII edizione Master Marketing

Abbiamo notato l’importanza che il Master attribuisce alle testimonianze di professionisti e manager di prestigiose aziende: quanto incide l’esperienza dei docenti aziendali nel percorso formativo di un allievo?
Il lavoro in aula è suddiviso in attività di tipo tradizionale svolta in genere dai docenti universitari, e in testimonianze da parte di uomini d’impresa, consulenti e professionisti che portano le loro esperienze e danno l’opportunità alla classe di mettere alla prova le conoscenze apprese settimanalmente con riscontri empirici e attuali.
Il Master è un corso che di per sé ha un’intrinseca dimensione professionalizzante ed è assolutamente necessario far incontrare agli allievi le persone che quotidianamente si trovano ad affrontare e risolvere problemi di natura manageriale e nel nostro caso di marketing. Queste persone lavorano con noi da parecchio tempo, ma ne inseriamo di nuove ogni anno per garantire un certo turn over di competenze e per innovare e aggiornare il corso.
Il ruolo svolto dai professionisti è anche un altro, molto importante: questi sono spesso dei veri e propri partner del corso per il placement degli allievi, sia ospitando gli allievi o i diplomati per stage o contratti di apprendistato, sia mettendoli in contatto con il proprio network professionale.

Il Suo è un master che tratta gli aspetti classici del marketing management, ma si proietta anche verso quelli più innovativi come il marketing digitale e il social media marketing. Quanto è importante offrire una formazione qualificata al passo coi tempi e quanto è difficile rendere possibile ciò?
Allora, oggi come oggi le dimensioni tradizionale e digitale del marketing stanno convergendo e si stanno integrando tra loro. Mentre fino a qualche anno fa era possibile distinguerli e di fatto molte imprese gestivano le due dimensioni separatamente, spesso privilegiando l’una rispetto all’altra, oggi questo non è più possibile e molti testimoni in aula portano esperienze che vanno in questa direzione. Pertanto il nostro sforzo è quello di far comprendere ai futuri professionisti questa necessità di integrazione. La difficoltà resta nel fatto che – soprattutto sul versante digitale – le competenze e gli strumenti si evolvono a una velocità elevata e i docenti tradizionali non riescono a padroneggiare questa varietà crescente e quindi integriamo lo staff docente con professionisti e operatori di settore, chiedendo ai docenti di ridurre la dimensione teorica dei loro interventi e lavorare su casi ed esercitazioni pratiche per favorire l’aggiornamento e la dimensione esperienziale di questi moduli.
Siamo talmente convinti dell’importanza del digitale e dei social media che quest’anno all’inaugurazione del master abbiamo invitato un professionista del settore a tenere una lezione d‘apertura proprio su questo tema: sarà ospite il dr. Stefano Ventura, responsabile social media di Mediaset, che ci parlerà di quanto un business tradizionale come la televisione si stia integrando con il mondo digitale e i media sociali.

Parliamo ora di placement e quindi di spendibilità del titolo nel mondo del lavoro. Quali sono le dinamiche che favoriscono l’inserimento lavorativo degli allievi e qual è il valore aggiunto che il master offre?
Per quanto riguarda il placement abbiamo dato a molti studenti con background diversi da quelli di economia e di management l’opportunità di misurarsi in aula con docenti e consulenti di marketing. Ciò ha arricchito il profilo di questi allievi senza rinnegarlo: la nostra idea è che il Master in Marketing Management debba valorizzare la formazione pre-esistente e non cancellarla. Alla prova dei fatti, molti dei nostri allievi occupano posizioni nella funzione marketing, pur partendo da percorsi completamente diversi. Posso citare i casi di ben due filosofi passati da noi negli ultimi tre anni e che ora si occupano di web marketing e programmi di affiliazione in agenzie riconosciute a livello nazionale. In generale ritengo che questo sia il reale valore aggiunto del nostro programma: riuscire a integrare un profilo non necessariamente economico o manageriale e renderlo appetibile per la selezione nell’ambito della funzione marketing e delle professioni ad essa collegate.

Vorremmo concludere questa intervista con una considerazione e chiederle un consiglio. Il mercato del lavoro sembra penalizzare le generazioni più giovani che, forse mai come oggi, hanno bisogno di consigli. Cosa sente di consigliare a coloro che vogliono iniziare una carriera nel marketing in un periodo come questo?
Anzitutto il mercato in generale è ancora condizionato dalla recessione, ma guardando bene al suo interno si scorgono nicchie e comparti in cui ci sono offerte di lavoro di un certo interesse. Inoltre l’economia sembra riprendere fiato e qualche accenno di miglioramento comincia faticosamente ad emergere. Ad ogni modo, la situazione è ancora complicata e dare consigli non è facile e costituisce anche una grande responsabilità. Ciò detto mi sentire di dare due indicazioni: la prima è quella di orientarsi verso l’attività commerciale e di vendita. Sì, quella tradizionale che ancora per molto tempo sarà necessaria anche se la digitalizzazione avanza a grandi passi. Se, come sembra, i fatturati delle imprese stanno riprendendo vigore il ruolo dei venditori e del management in ambito commerciale sarà sempre più importante nei prossimi mesi e anni. La seconda è quella di investire nell’interfaccia tra marketing analogico e digitale. Gli uffici di selezione delle imprese sono piene di curriculum provenienti dall’area digitale e da quelle collegate: comunicazione, informatica, ecc. Ciò di cui hanno bisogno sono profili e persone che abbiano una base di economia e management (da un lato) e una sensibilità e relative competenze sul versante digitale (dall’altro): al momento all’interno hanno ancora profili tradizionali (economia e management) con bassa propensione al digitale e ricevono candidature di specialisti in digitale. Ciò che serve oggi in azienda sono profili ibridi con i piedi ben piantati in entrambe le dimensioni del business. Queste persone possono far crescere le aziende molto rapidamente e il loro contributo in genere è molto apprezzato. Per quello che possiamo, nel nostro master in Marketing Management cerchiamo di seguire queste indicazioni sia nella predisposizione dei programmi, sia nella selezione dei docenti e testimoni, sia nel tutoring degli allievi.

Grazie Prof. Dalli
Grazie a lei, è stato un piacere.